NOTE:
1Il 14 agosto che doveva portarci a Tokyo è divenuto invece la nostra giornata di sosta a Nagasaki. Nella mattina facciamo conoscenza con gli elementi del “Coro Lirico Toscano” di Forte dei Marmi, anche loro presso il nostro albergo. Da bravi toscani, sono tutti/e molto calorosi simpatici. Ci lusinga ricevere da loro, che sono i trionfatori italiani di Nagasaki, i complimenti per quanto fatto da noi. In più, estremamente gentili, ci offrono un passaggio nel loro pullmann per l’aeroporto. Siamo parecchi e, per un po’, si dispera di potere salire a bordo, anche perché la guida giapponese non è propensa a imbarcare quei sei strani individui in tuta blu. Infine, grazie ad un ammutinamento generale del coro, veniamo ammessi a forza nel pullmann.
Oggi è il compleanno di Frank Pecorari e, mentre il mezzo comincia a muoversi, il nostro riceve immediatamente un “Tanti auguri a te” da un coro lirico di una quarantina di elementi, con tutta la nostra invidia!
Dopo un’ora di viaggio arriviamo all’aeroporto, ancora con tutta una serie di punti interrogativi: riusciranno gli sforzi combinati della Fondazione e dell’Ambasciata Italiana a Tokyo (da un lato Matteo Sapio, dall’altro il consigliere scientifico Angelo Volpi e la pazientissima sig.ra Oba) a evitarci la mannaia dell’handling a Ryugasaki? Siamo sicuri che la Fondazione non abbia pianificato qualche incontro con noi a Nagasaki? La fretta mattutina e i problemi con i telefonini ci hanno forse fatto muovere sconsideratamente. Infatti, pochi minuti dopo, il direttore generale della Fondazione “Italia in Giappone”, dott. Umberto Donati, ci annuncia che siamo attesi per il pranzo da una ventina di persone, tra giornalisti, comunità italiana e altri ospiti.
Nel frattempo Paolo e Riccardo Romano sono stati fagocitati dagli uffici aeroportuali, dove hanno il loro da fare per rintuzzare gli attacchi, a colpi di “AIP”, di un giovane e petulante funzionario, che sostiene la necessarietà di un referente di handling per atterrare a Ryugasaki, il piccolo campo di volo vicino a Narita che abbiamo scelto come destinazione finale. Strano, era proprio lo stesso che ieri sera diceva che per Ryugasaki bastava il piano di volo. Che abbia ricevuto qualche telefonata dall'”amico dell’amico”? All the world is a country….
Esaurite le operazioni aeroportuali, prendiamo due taxi per raggiungere i nostri compagni di colazione. Data l’ora, giungiamo a cose iniziate in un sofisticato ristorante tradizionale, ma tutti si interrompono per tributarci un caloroso applauso.
Il direttivo della Fondazione, dopo averci (benevolmente) rampognato per la nostra “fuga” da Nagasaki, ci annuncia il fitto calendario della giornata.
Dopo il pranzo è previsto un tour per la città vecchia, nel Glover Garden e, a seguire, una visita al museo della bomba atomica. Per la sera siamo invece invitati a una cena a bordo della Nave “San Giusto”.
Esaurita la colazione, ci avviamo attraverso le botteghe della città vecchia per un viale in salita che conduce al Glover Garden. Si tratta di un insediamento di origine europea, posto sui fianchi di un colle che domina la baia di Nagasaki. La particolare orografia della città ha preservato questa e altre aree dai devastanti effetti dell’esplosione atomica.
Thomas Glover, ricco e brillantissimo imprenditore scozzese, fu il primo a stabilirsi in questa area a metà dell’800, presto imitato da altri uomini d’affari europei. L’impulso economico dato in quegli anni dalla comunità imprenditoriale europea a Nagasaki è alla base della nascita della Mitsubishi e di altri colossi giapponesi.
Visitamo anche la Glover house, che tradizionalmente ispirò il libretto della Madama Butterfly. Nel curatissimo parco è presente anche una statua di Puccini, dono del Gorverno italiano a quello giapponese.
Più tardi, un taxi ci porta al museo della bomba atomica. E’ un vasto e toccante exhibit, dove sono raccolte informazioni, immagini, oggetti e strutture mostruosamente trasformati dall’immane calore dell’esplosione. E storie, tante storie e appunti personali dei sopravvissuti. E’ una sensazione di crescente orrore che prende allo stomaco, ma è un passo che tutti dovrebbero fare, per non dimenticare. E scusate la retorica.
Tornati in albergo, c’è giusto il tempo per una doccia e via, verso la nave San Giusto, unità da trasporto anfibia realizzata dalla Fincantieri e già utilizzata in importanti missioni di pace. In cima alla scaletta, l’ufficiale di guardia storce un po’ il naso quando ci vede con la (maleodorante) “mise” da volo, ma d’altra parte ci era stato raccomandato di indossarla… così, per scenografia! All’inizio siamo un po’ a disagio: sul ponte è un trionfo di galloni, alte uniformi e signore in lungo. Poi l’ambasciatore Gabriele Menegatti ci accoglie con cordialità e ci sentiamo un po’ più “integrati” con il contesto. Dalle stalle alle stelle: il comandante dell’unità, C.V. Paolo Sandalli, chiudendo il messaggio di benvenuto ai presenti, menziona e loda “l’impresa dei sei aviatori italiani sulle Orme di Ferrarin e Masiero”. Tutti si spellano le mani in un caloroso applauso e io mi ucciderei perché la videocamera era spenta! Un quartetto di musica da camera attacca arie pucciniane. La serata è grandiosa: buffets infiniti, vino e cocktails a fiumi, tutto rigorosamente italiano: in onore della Madama Butterfly, vengono anche servite farfalle all’aragosta. Poi, dopo l’ammainabandiera e i due inni nazionali, lo scenario muta rapidamente verso l’informalità. Andato è il gruppo da camera, ora tocca al DJ di bordo: tutti si scatenato in pista e noi non siamo da meno. Il capo-animatore della serata è nientedimeno che il capo area Alitalia per l’Asia, l’esplosivo dott. Romano Mazzucco: tra un “trenino” e una gag sul palco, è incontenibile. Non sono ancora le 22.00, quando ci congediamo dalla San Giusto.